martedì 29 aprile 2014

Il Marsala, vino liquoroso siciliano


Il Marsala è il vino liquoroso più famoso d’Italia, prodotto in Sicilia nella provincia di Trapani con il metodo Soleras.
Il disciplinare di produzione del Marsala DOC prevede, per la tipologia oro e ambra, i vitigni delle varietà a bacca bianca: Grillo, Catarratto, Insolia e Damaschino; mentre per la tipologia rubino, le varietà a bacca nera: Pignatello, Nero d’Avola e Nerello Mascalese, cui possono concorrere per un massimo del 30% i vitigni a bacca bianca delle altre tipologie.

lunedì 28 aprile 2014

Vini e vitigni dell’Etna


Ci troviamo alle pendici del “Mungibeddu”, come veniva chiamato in passato il vulcano attivo più alto d’Europa o, per essere più precisi e puntigliosi, il più alto della Placca euroasiatica, che nel 2013 è stato insignito dall’UNESCO del titolo di Patrimonio dell'Umanità e cioè, il maestoso Etna; siamo quindi sulla costa orientale della Sicilia e più precisamente in provincia di Catania.


L’Etna è un vulcano con origini che risalgono al quaternario ed un’altezza che si aggira attorno ai 3340 metri, quota che risulta variabile nel corso degli anni a causa delle continue eruzioni che ne cambiano la morfologia.


Si contraddistingue per un’alternanza fra paesaggi urbani, folti boschi, aree desolate ricoperte da roccia vulcanica  e sopra i 1000 metri di quota, per la presenza di zone innevate per buona parte dell’anno.


Nel territorio dell’Etna caratterizzato da zone impervie e poco accessibili, il duro lavoro dell'uomo ha tenacemente plasmato e addolcito il paesaggio lavico  per renderlo meno inospitale e pronto ad accogliere non solo vigneti, ma anche noccioleti, agrumeti, campi coltivati e numerosi insediamenti urbani.


Le lunghe distese, perlopiù scoscese, sono state rese coltivabili con la realizzazione di terrazzamenti delimitati da muretti a secco, edificati, neanche a dirlo, con pietra lavica.


Le viti trovano quì un terreno composto di lava e sabbia che si alterna a strati di pietra pomice, il terreno è molto ripido ed è ricco di minerali (potassio, fosforo, ferro e manganese), ma poco fertile. Proprio la scarsa fertilità fa si che le rese per ettaro rimangano decisamente basse, aggirandosi attorno ai 40 quintali e anche meno;  a basse rese però corrispondono alti livelli di qualità.


I sistemi di allevamento utilizzati vanno dal tradizionale “alberello”, spesso a piede franco reso possibile da un terreno che non favorisce la diffusione della fillossera, alla più attuale controspalliera utilizzata per metodi di coltivazione più moderni.


L’area sfruttata per la viticoltura è compresa fra i 400 e i 1000 metri slm, con rare eccezioni che arrivano a 1200 metri.


I vitigni coltivati sull’Etna sono principalmente quelli a bacca nera e nello specifico il nerello mascalese e il nerello cappuccio, con qualche tentativo che per ora non ha ancora dato i risultati sperati con il pinot nero. Per i vitigni a bacca bianca abbiamo principalmente carricante e minnella bianca.


Le condizioni pedoclimatiche (composizione del terreno, elevate escursioni termiche, ecc..) e il sapiente lavoro dei viticoltori,  fanno sì che le uve qui prodotte abbiano tutte le caratteristiche e le potenzialità per dare vini di ottima qualità e con caratteristiche organolettiche uniche.


Qualche dato

La superficie viticola totale del Parco dell’Etna è di 3.000 ha, di cui 450 con pendenze maggiori del 30% e 2.700 ad un'altitudine maggiore di 500 m s.l.m.
Per dare un'idea dell'opera monumentale che i viticoltori etnei hanno realizzato, è importante sottolineare che ben 2.250 ha sono realizzati su superfici terrazzate (dati aggiornati al 2006 - fonte CERVIM).
L'area viticola è notevolmente frammentata, con proprietà che vanno da poche are fino a 1 – 3 ettari e rarissime eccezioni che superano questa quota.
Il parco dell'Etna fa parte del CERVIM, associazione con il fine di "Valorizzare e salvaguardare il patrimonio creato dalla viticoltura di montagna e in forte pendenza".


Vitigni dell’Etna

Nerello mascalese


Le sue origini sono da localizzare presumibilmente nella piana di Mascali in privincia di Catania. Allevato tradizionalmente ad alberello, è il vitigno più diffuso nell'area dell’Etna.


Sinonimi
Nerello, nireddu, nuireddu mascalese

Caratteristiche
Pianta di buona vigoria, foglia medio-grande,pentagonale, trilobata, opaca e di colore verde chiaro.
Grappolo medio-grande, spesso alato, più o meno compatto, conico, piramidale.
Acini di media grandezza sferoidali o ellissoidali, con buccia spessa e molto pruinosa, di colore blu chiaro.
Matura dall’ultima decade di settembre alla prima di ottobre.


DOC
Etna, Faro, Contea di Sclafani, Marsala, Riesi, Sambuca di Sicilia.

Zone di coltivazione
Province di Catania, Messina, Agrigento e Enna.

 

Nerello cappuccio


Il suo nome deriva dalle caratteristiche dell’apparato fogliare che come un mantello copre i grappoli. E' un vitigno molto antico ma dalle origini incerte, coltivato prevalentemente in provincia di Catania e di Messina.


Sinonimi
Nerello mantellato

Caratteristiche
Pianta di buona vigoria, foglia di media grandezza, orbicolare, trilbata, opaca e di colore verde scuro.
Grappolo di media grandezza, di forma piramidale, compatto.
Acino di media grandezza sferoidali, con buccia consistente e pruinosa, di colore blu-nero. Matura i primi di settembre.


DOC
Etna, Faro.

Zone di coltivazione
Province di Catania, Messina, Agrigento e Enna

Carricante



Vitigno che a memoria d’uomo è sempre stato coltivato alle pendici dell’Etna.


Sinonimi
Carricanti, nocera bianca, catanase bianco.

Caratteristiche
Pianta di media/buona vigoria, foglia media, pentalobata, di colore verde bottiglia.
Grappolo di media grandezza, spesso alato, di forma cilindrica, mediamente spargolo, con acini medi, ellittici corti, buccia pruinosa e consistente di colore giallo-verdolino con la parte esposta al sole tendente al dorato.
Matura tra la fine di settembre e i primi di ottobre.


DOC
Etna bianco e Etna bianco superiore.

Zone di coltivazione
Provincia di Catania.

Minnella bianca



Vitigno coltivato da secoli quasi esclusivamente nel territorio etneo. Il suo nome deriva da "Minna", per la forma a “mammella” degli acini.


Caratteristiche
Pianta di scarsa vigoria, foglia di grandezza media di colore verde chiaro.
Grappolo di media grandezza a forma conico-piramidale, acini medio-piccoli, ellittici, buccia sottile di colore giallo dorato tendente al verdolino.
Matura attorno alla seconda metà di settembre.


DOC
Etna

Zone di coltivazione
Provincia di Catania.

domenica 27 aprile 2014

I vini e i vitigni di Pantelleria

L' isola di Pantelleria, gioiello incastonato nel Mediterraneo, posizionata a sud-ovest della Sicilia, presenta vigneti allevati principalmente ad alberello dove si raccolgono i grappoli di Zibibbo ( parola che deriva dall' arabo “uvetta” o “uva passita”), da cui si produce il Passito di Pantelleria detto anche “l’oro giallo di Pantelleria”

venerdì 25 aprile 2014

Vini siciliani e vitigni autocnoni della Sicilia


Alla scoperta dei vini siciliani, la storia, i dati ISTAT aggiornati sulla produzione di vino in Sicilia, i territori ed il clima, i vitigni più coltivati ed i vitigni autocnoni,  le zone vitivinicole e l' elenco completo ed aggiornato delle delle DOCG e delle DOC.

mercoledì 16 aprile 2014

Marsala, vino liquoroso di Sicilia

Il Marsala


 Ci troviamo in Sicilia, nella provincia di Trapani, che con i suoi 60 mila ettari vitati è la provincia siciliana in assoluto più produttiva, ed è qui che viene prodotto il vino liquoroso più famoso d’Italia: il Marsala.


Per capirne la qualità e le caratteristiche uniche, è necessario fare un passo indietro nella storia e andare al 1773, anno in cui un commerciante inglese di nome John Woodhouse, assaggiò in una locanda un vino chiamato perpetuum, allora considerato il vino per le grandi occasioni e quel giorno si trasformò proprio in una grande occasione perché Woodhouse, ne apprezzò le grandi potenzialità e decise di inviarne in patria 50 pipe, non prima però di averci aggiunto dell’acquavite di vino per preservare il prezioso contenuto durante il lungo viaggio. In Inghilterra il “perpetuum fortificato” ebbe un successo inimmaginabile.


La fama del Marsala richiamò l’attenzione di altri imprenditori inglesi, tra cui Benjamin Ingham che, a partire dal 1812, insieme al nipote Joseph Whitaker, ebbe un ruolo fondamentale per la crescita delle esportazioni anche fuori dall’Europa.


Il Marsala, infatti, si diffuse fino in Brasile, nell’America del Nord, nell’Estremo Oriente e persino in Australia.


Il primo imprenditore italiano ad interessarsi al Marsala, fu Vincenzo Florio, che nel 1833 nelle splendide cantine in pietra di tufo fatte costruite appositamente nella città di Marsala, ne iniziò la produzione. Vincenzo Florio ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del prezioso vino liquoroso, infatti, grazie alla Compagnia Florio, composta da 99 navi di sua proprietà, iniziò una capillare commercializzazione in numerose parti del mondo.


Nonostante un primo ventennio decisamente difficile, in cui gli enormi investimenti fatti non portarono i risultati sperati, l’intelligenza imprenditoriale e la caparbietà dei Florio fecero della produzione del Marsala l’attività trainante dell’intera economia siciliana.


Negli anni successivi altre aziende locali entrarono nella produzione del Marsala: Don Diego Rallo (1860), Vito Curatolo Arini (1875) e Carlo Pellegrino (1880).


 Negli anni seguenti il Marsala conobbe alterne vicende. Dopo la prima guerra mondiale infatti, sia la città di Marsala che il suo vino simbolo, subirono un tracollo economico; la produzione infatti ebbe un brusco calo a causa di commercianti che spacciando vino di bassa qualità per Marsala, ne rovinarono il buon nome.

Per arginare la diffusione incontrollata di vini di imitazione, nel 1931 il governo con il D.M. del 15 ottobre, ne circoscrisse la zona di produzione.


Il ministero delle Politiche agricole ha inoltre riconosciuto nel 1963 il Consorzio per la tutela del vino Marsala DOC, nato per volere dei produttori stessi.


Fino a che, nel 1969, gli fu attribuita la Denominazione di Origine Controllata (successivi aggiornamenti sono stati introdotti nel 1986, nel 1991, nel 1995 e nel 2011).


 Il Marsala è quindi un vino D.O.C. prodotto nella provincia di Trapani, con esclusione del comune di Alcamo, di Pantelleria e delle Egadi.

Per la produzione del Marsala il disciplinare prevede, per la tipologia oro e ambra, i vitigni delle varietà a bacca bianca: Grillo, Catarratto, Insolia e Damaschino; mentre per la tipologia rubino, le varietà a bacca nera: Pignatello, Nero d'Avola e Nerello Mascalese, cui possono concorrere per un massimo del 30% i vitigni a bacca bianca delle altre tipologie.


E’ bene notare che nonostante il disciplinare preveda che tali vitigni possano essere allevati con i sistemi più moderni, tra cui la spalliera, le qualità aromatiche e la carica zuccherina delle uve del Marsala nascono anche grazie al metodo di allevamento in assoluto più tradizionale, l’alberello. La vite è fatta crescere all’interno di una piccola conca e con una potatura adeguata viene fatto in modo che lo sviluppo dei grappoli avvenga nella parte più bassa della pianta, quasi a contatto con il terreno e con le foglie nella parte alta che fungono da protezione naturale dai raggi del sole.


Questo sistema di allevamento riesce a trarre il meglio dalla vite e dona ai suoi grappoli le qualità necessarie per poter ottenere i Marsala migliori.



Il Grillo è la varietà a bacca bianca che riveste un ruolo di primaria importanza nella produzione del Marsala, conferendogli la giusta alcolicità e donandogli un particolare bagaglio aromatico.




Il Catarratto (con l’esclusione dell'extra-lucido imposta dal disciplinare), è invece utilizzato per la sua proprietà di donare al Marsala l’aroma “marsalato”.


L’Inzolia anche detta Ansonica ha invece il compito di fornire un ricco ma delicato ed elegante bouquet di profumi.




Il Damaschino, di contro, è il vitigno meno utilizzato a causa della sua scarsa attitudine alla formazione di vini caldi e strutturati.
Il Pignatello o Perricone, nei vitigni a bacca nera, riveste un ruolo marginale, mentre il



Nero d'Avola (o Calabrese), anche per merito dei successi ottenuti in ambito internazionale nella produzione di vini rossi di qualità, è invece, di primaria importanza per il Marsala Rubino, infatti con la sua elevata percentuale zuccherina ed una buona acidità, conferisce: colore intenso, buona alcoolicità, corpo, struttura e caratteristici aromi di ciliegia o di marasca.


Il Nerello Mascalese, il Niureddu tipico della zona dell'Etna, ancora in fase di introduzione, dona intensità di colore ai suoi vini.


 

La vendemmia delle uve si svolge nel mese di settembre e dopo un’accurata selezione inizia il processo di vinificazione per ottenere il vino base.

Durante la fermentazione vengono utilizzate tecniche di travaso utili a favorire l’ossidazione del vino, mentre alla fine della fermentazione si procede all’aggiunta di etanolo (alcol etilico) di origine vitivinicola e/o di acquavite di vino, al fine di elevare il tenore alcolico.


Il Disciplinare di Produzione classifica il Marsala in base a: colore, grado zuccherino e durata dell'invecchiamento.

Vi è inoltre un’altra netta distinzione tra il Marsala Vergine e i Marsala "conciati", ovvero il Superiore ed il Fine, questa differenziazione è legata al processo produttivo, poiché, mentre Il Marsala Vergine può essere ottenuto esclusivamente dalle uve a bacca bianca, con l’aggiunta al vino base di alcool e/o di acquavite di vino, ai Marsala "conciati" vengono aggiunti anche mosto cotto o concentrato e/o mistella.


Per la tipologia Vergine è inoltre necessario un’invecchiamento di almeno 5 anni in legno (o 10, per il Vergine Riserva o Soleras o Stravecchio) ed il grado alcolico maggiore del 18% vol.


 Il colore, nei Marsala "conciati", dipende solitamente dalla quantità di mosto cotto o concentrato aggiunto al vino base e dalle caratteristiche delle uve utilizzate, ottenendo le tipologie:

  • Oro (senza aggiunta di mosto cotto);

  • Ambra (con aggiunta di mosto cotto non inferiore all'1%);


  • Rubino (prodotto da uve a bacca nera, con eventuale aggiunta massima del 30% di uve a bacca bianca; è vietata l’aggiunta di mosto cotto);




Le altre tre tipologie di Marsala “conciato”, sono classificate in funzione della percentuale di zucchero, e sono denominati:

  • Secco, < 40 grammi/litro;

  • Semisecco, fra i 40 e i 100 grammi/litro;


  • Dolce, > 100 grammi/litro.




Ed infine, in relazione all'invecchiamento, il Marsala è chiamato:

  • Fine, minimo 1 anno e alcool superiore al 17%;

  • Superiore, minimo 2 anni e grado alcolico superiore al 18%;


  • Superiore Riserva, minimo 4 anni.




Per l’affinamento del Marsala Vergine e/o Soleras viene utilizzato il metodo, già utilizzato in Spagna e in Portogallo per la produzione rispettivamente dello Sherry e del Madeira e introdotto nel 1812 da Benjamin Ingham anche in Sicilia, chiamato Soleras.

Il metodo consiste nel posizionare botti di rovere o ciliegio, riempite per 2/3, in cataste a piramide, in cui quelle poste sul pavimento vengono chiamate solera, mentre quelle dei piani superiori sono dette criadera.


Dalle solera è spillato il vino che si ritiene ormai pronto e rimpiazzato con quello prelevato delle criadera del livello superiore e così di seguito, fino ad arrivare alla botte del piano più alto in cui verrà inserito il vino dell’ultima vendemmia.


In tal modo nelle botti solera (il piano più basso) in termini teorici, si potrà trovare vino proveniente da tutte le vendemmie precedentemente integrate, in questo modo il prodotto che ne deriva acquisisce un bouquet tipico e unico, legato ai lenti processi ossidativi che negli anni hanno dato il loro tocco di qualità.


Si avranno quindi Marsala Superiore e Vergine con inebrianti bouquet di vaniglia, caramello, liquirizia, agrumi canditi, miele e spezie dolci, in altre parole un vero gioiello enologico.

lunedì 14 aprile 2014

I vini e i vitigni di Pantelleria

I vini e i vitigni di Pantelleria



Pantelleria, gioiello incastonato nel Mediterraneo, creata dal connubio fra la forza della natura e la sapiente mano dell’uomo. Terra di conquista per la sua posizione strategica per fini sia commerciali che militari.


Pantelleria che nei secoli è stata chiamata: Ogigia (la misteriosa), Yrnm (isola degli struzzi), Kyram (dal quarto libro delle Storie Erodoto), Ghusiras (dai Saraceni), Bent el Riah (figlia del vento, dagli Arabi) e anche Quansera e Qasera, Kosuros e Kossura, Cossyra e Cossura, nel periodo bizantino fu chiamata Patalarèas o Patelereas dai monaci basilani, fino ai documenti della Cancelleria degli Angioini del 1260, 1285 dove finalmente arrivò ad essere chiamata Pantelleria.


 L’alternanza di diversi popoli e culture, ha lasciato testimonianze del lavoro che l’uomo con fatica e ingegno ha realizzato a Pantelleria, sono infatti numerose le costruzioni che lo dimostrano e che ancora oggi si possono ammirare sull’isola:

  • Il Dammuso, di origine Araba, fabbricati rurali con spessi muri a secco in pietra "rutta", cioè a pietra grezza, o a pietra "taddiata", con tetti bianchi a cupola;

  • i Sesi, monumenti funebri (almeno secondo il parere degli studiosi), sempre realizzati in pietra e con tetti a cupola e forma ellittica, che arrivano a 6 metri di altezza;

  • il Castello Barbacane, si ipotizza che fu realizzato in epoca Bizantina o Araba e ampliato in epoche successive;

  • la stufa Kazen un locale sotterraneo, esempio di ingegneria civile, in cui venivano trattenuti i vapori provenienti dal sottosuolo.



Infine, un’opera che merita di essere citata come uno dei simboli di Pantelleria e dell’incredibile lavoro dei contadini panteschi,  perché in nessun altro luogo al mondo si possono trovare vigneti a terrazzamenti, ognuno dei quali è delimitato da muretti a secco di pietra lavica, che nell’insieme si estendono per oltre 7 mila chilometri.


La viticoltura pantesca è infatti definita “eroica”, per l’enorme impegno richiesto per la cura delle preziose viti.


Luigi Veronelli, indimenticabile maestro della cultura enogastronomica, scrisse di Pantelleria e dei suoi contadini queste parole:

“Ancor più mi emoziona la fatica contadina. Lavorare sulle viti e sui capperi stanca in ogni luogo. Immagina qui, su queste pietre infuocate e senza riposi. I contadini di Pantelleria sono angeli matti.”


In questi vigneti allevati principalmente ad alberello, si raccolgono i grappoli di Zibibbo, da cui si produce “l’oro giallo di Pantelleria”.

La Denominazione d'Origine Controllata "Pantelleria" è riservata ai vini che rispondono ai requisiti prescritti dal relativo disciplinare di produzione e che prevede le seguenti tipologie:




  • Moscato di Pantelleria;

  • Passito di Pantelleria;

  • Moscato spumante;

  • Moscato dorato;

  • Moscato liquoroso;

  • Passito liquoroso;

  • Zibibbo dolce;

  • Bianco (anche Frizzante).



La parola "zibibbo" deriva dalla parola araba zabīb (زبيب) che vuol dire "uvetta" o "uva passita", anche noto come Moscato di Alessandria, sonomoscatellone, salamonica, salamanna o seralamanna. Di origini egiziane, questo vitigno è stato introdotto dai Fenici (altre fonti ne attribuiscono l’introduzione da parte degli Arabi) e diffuso nel bacino del Mediterraneo dai Romani, fu utilizzato durante la dominazione araba principalmente per la produzione di uva da tavola e uva passa.


Lo zibibbo è un vitigno facente parte della famiglia dei moscato è quindi un aromatico per eccellenza, con i conseguenti caratteristici aromi primari che lo contraddistinguono; i più noti sono i terpeni e la loro presenza da origine a sentori legati a descrittori floreali, non mancano però aromi fruttati.

A Pantelleria, con un clima caratterizzato dalla presenza quasi costante di vento (prevalentemente di scirocco) e dalla scarsità di  pioggia soprattutto nei mesi estivi, si ha una produzione con grande concentrazione zuccherina, ulteriormente incrementata con la pratica dell’appassimento.

Le caratteristiche del vitigno identificano una pianta mediamente vigorosa, con foglia media a forma da pentagonale ad orbicolare, grappolo cilindro-conico o cilindrico, alato, da spargolo a compatto con acini grossi di forma obovoide, dalla consistenza croccante e colore giallo verdolino tendente al dorato.

Il vino principe dell’isola e cioè il Passito di Pantelleria, è caratterizzato da un colore giallo dorato carico tendente all’ambra,  al naso presenta inebrianti sentori di albicocche, fiori e miele, mentre in bocca oltre a ritrovare quanto evidenziato nell’esame olfattivo lo si percepisce dolce, corposo, caldo, sapido, dotato di un giusto equilibrio fra acidità e morbidezza, nel complesso decisamente armonico.

giovedì 10 aprile 2014

Expo 2015, firmato l' accordo con Vinitaly e Verona fiere

Expo Milano 2015 e Vinitaly, una parnership per valorizzare il vino italiano


L’obiettivo è quello di portare all' expo 2015 tutta l’esperienza vitivinicola italiana, i milioni di visitatori che arriveranno a Milano percepiranno tutta “la potenza dell’esperienza italiana nel settore vitivinicolo, non solo i prodotti ma anche i territori, le esperienze. I visitatori riconosceranno il vino come cuore pulsante dell’italia agroalimentare”

Il padiglione del vino sarà al centro del padiglione Italia e sarà gestito e curato in collaborazione con Vinitaly e Verona fiere. Ad annunciarlo è il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, durante una conferenza stampa a Verona, spiegando che il "padiglione vino" ad Expo 2015 sarà al centro del "padiglione Italia" e sarà un padiglione del vino che attragga, educhi e susciti interesse di tutte le filiere, la formazione e le scuole.  L’ expo non e’ una fiera commerciale ma un modo per esporre una cultura, deve interessare ma anche educare e il vino ha un grande valore per la storia stessa del nostro paese. Un' ampio spazio da riempire di cose importanti ed emozionali, expo è al servizio del paese, saranno sei mesi con una continuità di eventi per tenere sempre alto l’interesse dei visitatori.

Il comitato scientifico del padiglione dedicato al vino sarà presieduto da Riccardo Cotarella, presidente degli enologi italiani - che afferma - "sarebbe un peccato mortale non sfruttare questa occasione. Gli altri membri del comitato sono Piero Antinori presidente dell'Istituto del vino italiano di qualità Grandi marchi, Diana Bracco commissario per il Padiglione Italia, Giovanni Mantovani direttore generale di Veronafiere, Lorenza Santandrea presidente del gruppo Cevico, Lamberto Gancia presidente Federvini, Domenico Zonin presidente Unione italiana vini e Raffaele Boriello vice capogabinetto del Mipaaf.

 

Expo 2015, signed the agreement with Vinitaly and Verona fairs

mercoledì 9 aprile 2014

Vini siciliani, il vino e i vitigni della Sicilia

I vini siciliani


Un po’ di storia


La Sicilia, chiamata nell’antichità Trinacria dal greco treis (tre) e àkra (promontori) per i suoi tre “angoli”, Capo Peloro, Capo Passero, Capo Boeo (o Lilibeo), ha una storia vitivinicola millenaria. Ritrovamenti alle falde dell'Etna e nell'Agrigentino fanno risalire la presenza della vite selvatica  a 5000 anni a.C., mentre un vaso potorio rinvenuto nella necropoli di Cozzo Pantano presso Siracusa (utilizzato per il consumo e il contenimento di “vino”), con datazione stimata attorno all’anno 2000 a.C. e avente decorazioni e forme che riportano all’isola di Creta, ne da conferma ulteriore.
Il merito dell’introduzione della vite nella regione viene però attribuita ai Fenici, si ipotizza infatti che alcune delle qualità autoctone ancora oggi coltivate siano proprio state portate sull’isola da questo popolo.
Un notevole contributo all’evoluzione della vitivinicoltura è stato dato dai Greci, a cui va riconosciuto il merito di aver introdotto nuove tecniche di coltivazione e produzione.
Le pratiche agricole introdotte erano decisamente all’avanguardia, venivano infatti praticate selezioni clonali, potature corta e verde, trattamenti del terreno, raccolta manuale per mantenete intatti i grappoli, venivano utilizzate tecniche innovative di fermentazione, travaso e conservazione.
L’agricoltura durante la dominazione ellenica fece quindi notevoli passi in avanti, fornendo ai siciliani del tempo conoscenze fondamentali non solo nella coltivazione della vite, ma anche in quella di grano e olivo.
Con l’avvento dei romani, tra il III e il II secolo a.C. vi fu un cambio di rotta che elesse la Sicilia  a granaio di Roma. Vi fu infatti un notevole incremento della coltivazione del grano a scapito di quella della vite.
Ciò non pregiudicò però la produzione di vini di buon livello, fra i quali il Mamertino, il Pollio, il Tauromenio e l’Haluntinum, molto apprezzati dallo stesso Giulio Cesare, da Plinio il Vecchio e da buona parte del mondo latino.
Con la caduta dell’Impero Romano, si alternarono una serie di invasori fra cui i Vandali, i Goti e i Bizantini, fino ad arrivare agli Arabi che vi si stabilirono per alcuni secoli.
In concomitanza con la presenza Bizantina,  la presenza di insediamenti monastici, così com’è stato per tante altre importanti realtà europee,ebbe un ruolo fondamentale per la vitivinicoltura, in questo periodo oltre la metà delle terre della Sicilia diventarono proprietà di comunità religiose, che vi producevano il vino a loro necessario nelle le funzioni religiose e non solo.
Durante la dominazione araba vi fu invece un miglioramento nella produzione agricola, con l’introdizione di nuove colture, fra cui riso e zucchero, oltre a spezie tra cui lo zafferano (dall’arabo za῾farān cioè giallo) e nuove tecniche agricole, ma la produzione di vino ebbe un tracollo, con  dirottatamento verso la produzione di uve da tavola pregiate e uva passa. Proprio quest’ultima, prodotta con l’appassimento dei pregiati grappoli di zibibbo (dall’arabo zabīb cioè uva passa), è ancora oggi il vitigno base dell’apprezzatissimo “Oro giallo di Pantelleria” e cioè il Passito di Pantelleria DOC.
Con Normanni e Aragonesi vi furono sorti alterne, con una svolta a favore della produzione vitivinicola solo nel XV secolo, quando vi fu un esplosione delle esportazioni verso Roma, Liguria e Toscana.
Durante il periodo Borbonico i vini prodotti non spiccavano per qualità e venivano principalmente utilizzato per il taglio.
Verso la fine del 1700 vi fu una svolta epocale per la vitivinicoltura isolana e tutto per merito di un commerciante inglese John Woodhouse, che apprezzando e intuendo le potenzialità del vino prodotto a Marsala, decise di inviarne delle pipe in Inghilterra. Oltremanica il “Marsala” ebbe un successo eccezionale, andando a competere con i fino ad allora ineguagliati vini di Jerez e di Porto.
Questo evento fu trainante per la produzione vitivinicola siciliana che dai primi anni del 1800 ebbe un’espansione notevole soprattutto in termini di ettari vitati; sono infatti questi anni che segnano la nascita di alcune delle cantine storiche siciliane, fra cui: Florio, Pellegrino, Duca di Salaparuta, solo per citarne alcune.
L’arrivo della fillossera in Francia, verso la fine del 1800, segnò un ulteriore incremento della produzione, perchè furono i vini siciliani a cui i francesi fecero ricorso per sopperire al crollo della produzione nazionale. Il 1888 vi fu però la rottura dell’accordo commerciale con la Francia, poiché nel frattempo (nel 1881) anche in Sicilia fece il suo ingresso l’insetto devastatore, con la conseguente decimazione del vigneto siculo.
La lenta ripresa si protrasse fino ai primi anni ‘50 e proprio in relazione alla riduzione della richiesta di vini da taglio, in questi anni vi fu l’inizio di un cambiamento di rotta che portò alla produzione di vini con qualità sempre crescente.  Gli anni settanta furono il momento della svolta, con l’arrivo alle eccellenze dei giorni nostri.
L’ultimo ventennio ha visto crescere la fama dei vini siciliani, consacrando la Sicilia come una delle regioni che meglio rappresenta i vini italiani nel mondo.



Qualche dato


La Sicilia, con riferimanto ai dati ISTAT aggiornati al 2012, ha una superficie vitata di circa 115.000 ettari, con una produzione di vino e mosti pari a 5,1 milioni di ettolitri, in crescita rispetto al 2011 (dopo i cali subiti nei due anni precedenti) e in controtendenza rispetto alla maggior parte delle regioni italiane (in particolare del nord).
Si conferma la crescita dei vini con denominazione IGT giunti ormai al 58,6%, a scapito dei vini da tavola che subiscono un ulteriore calo arrivando al 25,4%. Rimangono invece al palo i vini DOC e DOCG pressochè invariati al 3,2% (il restante 12,8% riguarda la produzione di mosti).
Nel 2012 la produzione di vini rossi, con un incremento del 30% circa, ha quasi eguagliato quella dei bianchi che invece, diversamente da quanto succede nelle altre regioni italiane, ha subito un leggero calo.
Suddividendo il territorio vitato siciliano in rapporto alle tipologie di vitigni coltivati (dati ISTAT 2010), abbiamo il Catarratto che nelle tipologie bianco comune e lucido si porta via un buon 33%, seguito dal Nero d’Avola (Calabrese) al 16% e Grillo, Ansonica (Inzolia), Syrah con percentiali dal 5 al 6%. Abbiamo poi un 34% che comprende vitigni come, Chardonnay, Merlot, Grecanico, Nerello Mascalese, Zibibbo, Frappato e molti altri (circa una cinquantina di vitigni in totale).
I sistemi di allevamento principalmente utilizzati sono l’alberello per circa il 40%, la spalliera con all’incirca la medesima percentuale e per il resto a tendone.



Territorio e clima



Il territorio siciliano ha un’estensione di 25.707kmq e comprende le Lipari, le Egadi, le Pelagie, Pantelleria e Ustica. E’ composto per il 24,4% da montagne, per il 61,4% da colline e pianeggiante per il restante.
I 115.000 ettari di vigneti sono localizzati per il 40% in pianura, per il 54% in collina e per il 6% restante in montagna.
Il Clima è mediterraneo, caldo e arido sulla fascia costiera, mentre nella parte centrale e sui rilievi è temperato e umido.
Queste diverse condizioni climatiche dovute anche l’influenza dei mari, danno origine ad una costante ventilazione locale, mentre i venti predominanti sono di Scirocco e di Ponente con conseguenti effetti siccitosi spesso dannosi per la viticoltura.
Le piogge sono concentrate nei mesi invernali con maggior intensità sui rilievi e scarse nei mesi estivi, di conseguenza il territorio è povero di corsi d’acqua e di laghi, che perlopiù sono di scarsa portata con piene improvvise in caso di maltempo.



Vitigni e zone


La vitivinicoltura siciliana nell’ultimo ventennio si è evoluta in modo sorprendente, passando da tecniche produttive finalizzate alla quantità, con produzione di massa di vini da taglio mediocri, a prodotti in cui la qualità e l’innovazione hanno sempre più un ruolo fondamentale.
La Sicilia infatti non ha mai avuto problemi in termini di quantità, essendo sempre ai primi posti nella classifica delle regioni più produttive.
Una svolta positiva si è avuta con l’introduzione dei vitigni internazionali , fra cui chardonnay, cabernet sauvignon, syrah, merlot, Müller Thurgau e petit verdot, che hanno trainando la Sicilia verso il futuro. Tutto ciò senza però dimenticare l’importanza dei vitigni autoctoni, che rivestono un ruolo fondamentale per costruire un’identità produttiva fortemente legata al territorio. Si sono quindi riscoperti e valorizzati vitigni come il nero d’Avola e l’inzolia, con produttori che hanno creduto nelle potenzialità di queste uve ottenendo risultati di assoluta eccellenza.
Proprio il nero d’Avola infatti è stato trasformato in pochi anni in una delle più interessanti varietà Italiane, arrivando ad ottenere vini caratterizzati da aromi intensi ed eleganti,supportati da un’ottima struttura.
Un’altro importante comparto che sta riscuotendo un notevole successo riguarda quello dei vini dolci e liquorosi, uno fra tutti il Passito di Pantelleria, prodotto con Moscato d’Alessandria, localmente chiamato Zibibbo, considerato fra i migliori in Italia in questa categoria.
Fanno buona compagnia ai vini di Pantelleria, la Malvasia delle Lipari, il Moscato di Noto e il Moscato di Siracusa, nettari dorati che non si dimenticano una volta degustati.
Fra i vini liquorosi non si può certo tralasciare il Marsala che, nonostante momenti difficili in cui errate strategie commerciali e produttive lo avevano messo in ombra, negli ultimi anni si è assistito alla riscoperta dell’assoluto valore di questo prodotto, sia a livello nazionale che internazionale.
Fra le uve autoctone a bacca bianca più importanti della regione si ricordano il Carricante, il Catarratto, il Grecanico, il Grillo, l’Inzolia, nota anche con i nomi di Insolia o Ansonica, la Malvasia di Lipari, il Moscato Bianco e il già citato Zibibbo. Fra le uve autoctone a bacca rossa più importanti troviamo invece il Frappato, il Nerello Cappuccio o Mantellato, il Nerello Mascalese, il Nero d'Avola o Calabrese e il Perricone o Pignatello.
Unica DOCG dell’isola è il Cerasuolo di Vittoria, prodotto nei comuni delle province di Ragusa, Caltanissetta e Catania, da uve a bacca nera di Nero d’Avola e Frappato. Il primo in grado di dare struttura, personalità e predisposizione all’invecchiamento, il secondo un delicato profumo fruttato, corpo e morbidezza.
Nella provincia di Trapani è localizzata circa la metà della superficie vitata dell’intero territorio siciliano. I vitigni più coltivati sono il catarratto, il grecanico, il grillo e il pignatello.
La zona di Acamo si caratterizza per la produzione di trebbiano toscano e inzolia, che si ritrovano anche nella provincia di Agrigento e Palermo, in compagnia del catarratto, per la bacca bianca e calabrese, nerello cappuccio e nerello mascalese per la bacca nera. Oltre ai già citati vitigni, nella provincia di Caltanissetta troviamo la barbera, il frappato e il sangiovese.
Per la provincia di Catania il Nerello Mascalese e il Nerello Cappuccio rappresentano i vitigni a bacca rossa di riferimento per i vini dell’Etna, prodotti di qualità che provengono dalla cosidetta viticoltura “eroica”. I vigneti sono infatti ricavati alle pendici del vulcano,  interamente realizzati dall'operosità dell'uomo che, senza l’ausilio di mezzi meccanici, ha eretto muretti a secco con pietre laviche per realizzare i tipici terrazzamenti.
La superficie vitata sul parco dell’Etna è di 3000ha, che vanno da un’altitudine di 500m slm a un massimo di 1000m slm, con un microclima caratterizzato da grandi sbalzi di temperatura. E’ da sottolineare la sua notevole frammentazione, con proprietà che vanno da poche are fino a 1 - 3 ettari e rarissime sono le eccezioni che superano questa quota.
I vitigni a bacca bianca coltivati in quest’area sono il Carricante, il Catarratto bianco comune e l’Inzolia, da cui si ricavano in genere piacevoli vini di pronta beva; i vitigni internazionali invece, non hanno ancora preso molto piede, anche se non mancano sperimentazioni come ad esempio con il Pinot Nero.
Nella provincia di Siracusa oltre a nero d’Avola, frappato, perricone, nerello mascalese, damaschino e grecanico, danno lustro alla zona il Moscato di Siracusa e il Moscato di Noto, vini dolci prodotti da uve di moscato bianco.
In provincia di Ragusa troviamo anche il ciliegiolo, oltre a frappato, calebrese, merello m. e inzolia.


Elenco DOC e DOCG


Elenco DOC e DOCG


Cerasuolo di Vittoria DOCG
Alcamo DOC
Contea di Sclafani DOC
Contessa Entellina DOC
Delia Nivolelli DOC
Eloro DOC
Erice DOC
Etna DOC
Faro DOC
Malvasia delle Lipari DOC
Mamertino di Milazzo o Mamertino DOC
Marsala DOC
Menfi DOC
Monreale DOC
Moscato di Pantelleria, Passito di Pantelleria e Pantelleria DOC
Noto DOC
Riesi DOC
Salaparuta DOC
Sambuca di Sicilia DOC
Santa Margherita di Belice DOC
Sciacca DOC
Sicilia DOC
Siracusa DOC
Vittoria DOC

mercoledì 2 aprile 2014

Temporibus, the crowdfunding research

Roberto Cipresso: "My dream is to rediscover ancient flavors and perfumes of lost vineyards and I want to share it with truewine passionates".



We point out the research project "temporibus" (from the Latin "which speaks of the time"), an experimental crowdfunding (funding mass) promoted by "Roberto Cypress" the famous Italian winemaker renowned for his passion for research and study terroir and varieties, in partnership with the consulting firm "Dreams Out of the drawer," the goal of which is to produce a limited quantity of wine can recover the tastes and smells of ancient vines now lost. It 'a research project that deserves to be shared with all those who in a glass of wine trying to understand the way.

The crowdfunding campaign "temporibus - by Roberto Cypress" will begin on Sunday 6 April 2014 on the occasion of the opening edition of Vinitaly, and will be presented at a press conference in Hall 9, Stand B13.

Contacts:
Website Launch
Official Twitter Account

Temporibus, la ricerca in crowdfunding

Roberto Cipresso: "Voglio condividere con veri appassionati di vino il sogno di recuperare i sapori e i profumi di antichi vitigni ormai perduti".



Il progetto di ricerca "Temporibus" (dal latino "che parla del tempo"), un'iniziativa sperimentale di crowdfunding (finanziamento di massa) promossa da "Roberto Cipresso" il noto winemaker italiano apprezzato per la passione per la ricerca e lo studio dei terroir e delle varietà, in partnership con la società di consulenza "Sogni Fuori dal Cassetto", il cui obbiettivo di è quello realizzare un quantitativo limitato di vino in grado di recuperare i sapori e i profumi di antichi vitigni quasi perduti: si tratta di uno o più vini basati su vitigni antichi ritrovati durante i lavori di Roberto Cipresso e in parte recuperati.

A nostro avviso, e' un progetto che merita di essere condiviso con tutti coloro i quali in un bicchiere di vino cercano di comprenderne il percorso.

La campagna di crowdfunding “Temporibus – by Roberto Cipresso” prenderà il via domenica 6
aprile in occasione dell’apertura dell’edizione 2014 del Vinitaly, e sarà presentato con una conferenza stampa  presso il padiglione 9 stand B13.

Contatti:

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