mercoledì 16 aprile 2014

Marsala, vino liquoroso di Sicilia

Il Marsala


 Ci troviamo in Sicilia, nella provincia di Trapani, che con i suoi 60 mila ettari vitati è la provincia siciliana in assoluto più produttiva, ed è qui che viene prodotto il vino liquoroso più famoso d’Italia: il Marsala.


Per capirne la qualità e le caratteristiche uniche, è necessario fare un passo indietro nella storia e andare al 1773, anno in cui un commerciante inglese di nome John Woodhouse, assaggiò in una locanda un vino chiamato perpetuum, allora considerato il vino per le grandi occasioni e quel giorno si trasformò proprio in una grande occasione perché Woodhouse, ne apprezzò le grandi potenzialità e decise di inviarne in patria 50 pipe, non prima però di averci aggiunto dell’acquavite di vino per preservare il prezioso contenuto durante il lungo viaggio. In Inghilterra il “perpetuum fortificato” ebbe un successo inimmaginabile.


La fama del Marsala richiamò l’attenzione di altri imprenditori inglesi, tra cui Benjamin Ingham che, a partire dal 1812, insieme al nipote Joseph Whitaker, ebbe un ruolo fondamentale per la crescita delle esportazioni anche fuori dall’Europa.


Il Marsala, infatti, si diffuse fino in Brasile, nell’America del Nord, nell’Estremo Oriente e persino in Australia.


Il primo imprenditore italiano ad interessarsi al Marsala, fu Vincenzo Florio, che nel 1833 nelle splendide cantine in pietra di tufo fatte costruite appositamente nella città di Marsala, ne iniziò la produzione. Vincenzo Florio ebbe un ruolo fondamentale nella diffusione del prezioso vino liquoroso, infatti, grazie alla Compagnia Florio, composta da 99 navi di sua proprietà, iniziò una capillare commercializzazione in numerose parti del mondo.


Nonostante un primo ventennio decisamente difficile, in cui gli enormi investimenti fatti non portarono i risultati sperati, l’intelligenza imprenditoriale e la caparbietà dei Florio fecero della produzione del Marsala l’attività trainante dell’intera economia siciliana.


Negli anni successivi altre aziende locali entrarono nella produzione del Marsala: Don Diego Rallo (1860), Vito Curatolo Arini (1875) e Carlo Pellegrino (1880).


 Negli anni seguenti il Marsala conobbe alterne vicende. Dopo la prima guerra mondiale infatti, sia la città di Marsala che il suo vino simbolo, subirono un tracollo economico; la produzione infatti ebbe un brusco calo a causa di commercianti che spacciando vino di bassa qualità per Marsala, ne rovinarono il buon nome.

Per arginare la diffusione incontrollata di vini di imitazione, nel 1931 il governo con il D.M. del 15 ottobre, ne circoscrisse la zona di produzione.


Il ministero delle Politiche agricole ha inoltre riconosciuto nel 1963 il Consorzio per la tutela del vino Marsala DOC, nato per volere dei produttori stessi.


Fino a che, nel 1969, gli fu attribuita la Denominazione di Origine Controllata (successivi aggiornamenti sono stati introdotti nel 1986, nel 1991, nel 1995 e nel 2011).


 Il Marsala è quindi un vino D.O.C. prodotto nella provincia di Trapani, con esclusione del comune di Alcamo, di Pantelleria e delle Egadi.

Per la produzione del Marsala il disciplinare prevede, per la tipologia oro e ambra, i vitigni delle varietà a bacca bianca: Grillo, Catarratto, Insolia e Damaschino; mentre per la tipologia rubino, le varietà a bacca nera: Pignatello, Nero d'Avola e Nerello Mascalese, cui possono concorrere per un massimo del 30% i vitigni a bacca bianca delle altre tipologie.


E’ bene notare che nonostante il disciplinare preveda che tali vitigni possano essere allevati con i sistemi più moderni, tra cui la spalliera, le qualità aromatiche e la carica zuccherina delle uve del Marsala nascono anche grazie al metodo di allevamento in assoluto più tradizionale, l’alberello. La vite è fatta crescere all’interno di una piccola conca e con una potatura adeguata viene fatto in modo che lo sviluppo dei grappoli avvenga nella parte più bassa della pianta, quasi a contatto con il terreno e con le foglie nella parte alta che fungono da protezione naturale dai raggi del sole.


Questo sistema di allevamento riesce a trarre il meglio dalla vite e dona ai suoi grappoli le qualità necessarie per poter ottenere i Marsala migliori.



Il Grillo è la varietà a bacca bianca che riveste un ruolo di primaria importanza nella produzione del Marsala, conferendogli la giusta alcolicità e donandogli un particolare bagaglio aromatico.




Il Catarratto (con l’esclusione dell'extra-lucido imposta dal disciplinare), è invece utilizzato per la sua proprietà di donare al Marsala l’aroma “marsalato”.


L’Inzolia anche detta Ansonica ha invece il compito di fornire un ricco ma delicato ed elegante bouquet di profumi.




Il Damaschino, di contro, è il vitigno meno utilizzato a causa della sua scarsa attitudine alla formazione di vini caldi e strutturati.
Il Pignatello o Perricone, nei vitigni a bacca nera, riveste un ruolo marginale, mentre il



Nero d'Avola (o Calabrese), anche per merito dei successi ottenuti in ambito internazionale nella produzione di vini rossi di qualità, è invece, di primaria importanza per il Marsala Rubino, infatti con la sua elevata percentuale zuccherina ed una buona acidità, conferisce: colore intenso, buona alcoolicità, corpo, struttura e caratteristici aromi di ciliegia o di marasca.


Il Nerello Mascalese, il Niureddu tipico della zona dell'Etna, ancora in fase di introduzione, dona intensità di colore ai suoi vini.


 

La vendemmia delle uve si svolge nel mese di settembre e dopo un’accurata selezione inizia il processo di vinificazione per ottenere il vino base.

Durante la fermentazione vengono utilizzate tecniche di travaso utili a favorire l’ossidazione del vino, mentre alla fine della fermentazione si procede all’aggiunta di etanolo (alcol etilico) di origine vitivinicola e/o di acquavite di vino, al fine di elevare il tenore alcolico.


Il Disciplinare di Produzione classifica il Marsala in base a: colore, grado zuccherino e durata dell'invecchiamento.

Vi è inoltre un’altra netta distinzione tra il Marsala Vergine e i Marsala "conciati", ovvero il Superiore ed il Fine, questa differenziazione è legata al processo produttivo, poiché, mentre Il Marsala Vergine può essere ottenuto esclusivamente dalle uve a bacca bianca, con l’aggiunta al vino base di alcool e/o di acquavite di vino, ai Marsala "conciati" vengono aggiunti anche mosto cotto o concentrato e/o mistella.


Per la tipologia Vergine è inoltre necessario un’invecchiamento di almeno 5 anni in legno (o 10, per il Vergine Riserva o Soleras o Stravecchio) ed il grado alcolico maggiore del 18% vol.


 Il colore, nei Marsala "conciati", dipende solitamente dalla quantità di mosto cotto o concentrato aggiunto al vino base e dalle caratteristiche delle uve utilizzate, ottenendo le tipologie:

  • Oro (senza aggiunta di mosto cotto);

  • Ambra (con aggiunta di mosto cotto non inferiore all'1%);


  • Rubino (prodotto da uve a bacca nera, con eventuale aggiunta massima del 30% di uve a bacca bianca; è vietata l’aggiunta di mosto cotto);




Le altre tre tipologie di Marsala “conciato”, sono classificate in funzione della percentuale di zucchero, e sono denominati:

  • Secco, < 40 grammi/litro;

  • Semisecco, fra i 40 e i 100 grammi/litro;


  • Dolce, > 100 grammi/litro.




Ed infine, in relazione all'invecchiamento, il Marsala è chiamato:

  • Fine, minimo 1 anno e alcool superiore al 17%;

  • Superiore, minimo 2 anni e grado alcolico superiore al 18%;


  • Superiore Riserva, minimo 4 anni.




Per l’affinamento del Marsala Vergine e/o Soleras viene utilizzato il metodo, già utilizzato in Spagna e in Portogallo per la produzione rispettivamente dello Sherry e del Madeira e introdotto nel 1812 da Benjamin Ingham anche in Sicilia, chiamato Soleras.

Il metodo consiste nel posizionare botti di rovere o ciliegio, riempite per 2/3, in cataste a piramide, in cui quelle poste sul pavimento vengono chiamate solera, mentre quelle dei piani superiori sono dette criadera.


Dalle solera è spillato il vino che si ritiene ormai pronto e rimpiazzato con quello prelevato delle criadera del livello superiore e così di seguito, fino ad arrivare alla botte del piano più alto in cui verrà inserito il vino dell’ultima vendemmia.


In tal modo nelle botti solera (il piano più basso) in termini teorici, si potrà trovare vino proveniente da tutte le vendemmie precedentemente integrate, in questo modo il prodotto che ne deriva acquisisce un bouquet tipico e unico, legato ai lenti processi ossidativi che negli anni hanno dato il loro tocco di qualità.


Si avranno quindi Marsala Superiore e Vergine con inebrianti bouquet di vaniglia, caramello, liquirizia, agrumi canditi, miele e spezie dolci, in altre parole un vero gioiello enologico.

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